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Con "Terra Mater Matrigna" cala il sipario sulla rassegna dedicata alla valorizzazione della lingua dialettale

Il dialetto come terra mater matrigna, come spazio dal quale talvolta si tenta di fuggire ed allontanarsi, ma dove si torna sempre, per rinsaldare il rapporto con la propria essenza, le proprie radici. Un rapporto di distanza e di riavvicinamento che ha segnato anche il percorso artistico di uno dei figli di questa terra, Ivano Marescotti, grande interprete e cantore del dialetto, a cui è dedicato Terra Mater Matrigna, spettacolo di e con Elena Bucci in scena al Teatro degli Atti venerdì 12 maggio (ore 21:00).

L’appuntamento rappresenta l’approdo finale del progetto "Lingue di confine", la rassegna di iniziative di valorizzazione del dialetto promossa dal Comune di Rimini a partire dal 2014, che lo scorso autunno ha presentato un ciclo di incontri dedicato alla poesia dal titolo "Donne in dialetto. Lingua madre e poete di Romagna", a cura di Fabio BruschiUn viaggio nel mondo poetico femminile del territorio riminese e non solo, che con lo spettacolo di Elena Bucci sfocia nella dimensione teatrale, chiudendo il cerchio. 

“Ho imparato il dialetto da donne burbere e straordinarie - spiega Elena Bucci - da uomini che parlavano poco e con le mani grandi, in una casa di campagna incastrata nel centro di un paese che cambiava in fretta. Non mi hanno trasmesso tutto il loro patrimonio di gesti e parole, quasi se ne vergognavano. Si inchinavano ad una nuova libertà che metteva in ombra i loro saperi. Quella bambina bruna che correva nel cortile era destinata a studiare, parlare l’italiano, vivere come un maschio, diventare cittadina del mondo. Sono fuggita e sono tornata. Ero attrice, autrice e regista, come sognavo. Mettendo il mio sapere alla prova mi accorsi di quanto poco conoscevo la mia terra mater matrigna, che mi accoglieva e mi respingeva, mi abbracciava e mi tradiva, si rivelava e si chiudeva, gelosa del mio girovagare. Eppure ogni angolo di paesaggio mi parlava, ogni persona diventava un personaggio protagonista di una storia da raccontare. Ho ascoltato la gente, chi cantava, chi suonava, chi raccoglieva favole, chi scriveva poesia e chi studiava riscoprendo sotto nuove luci le nostre tradizioni. La mia terra mater matrigna mi ha ispirato spettacoli e scritti, mi ha spinto a creare gruppi che mi hanno aiutato a fare spettacoli ovunque, a riaprire al pubblico luoghi abbandonati e dimenticati, da un seicentesco palazzo ad un teatro, da una chiesina ad un macello. Continua, da vicino e da lontano, a sussurrarmi all’orecchio la sua lingua antica e misteriosa che trasforma la mia voce e il mio corpo, apre e incatena la mia immaginazione, con quelle parole brusche che significano sempre qualcosa di talmente vero da fare ridere e piangere, lingua dei poveri e dei ricchi, lingua sottile che serve a nominare la distesa rosa dei peschi in fiore, il mare quando cambia la stagione. Di questo e di queste persone che non dimentico, voglio fantasticare in una sera di maggio, dedicata ad Ivano Marescotti, amico e grande artista che di questa terra, di questa lingua e della sua poesia è stato un meraviglioso cantore, migliorando con il passare del tempo come fa il vino buono”.

Ingresso libero fino a esaurimento posti 


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