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Il ritratto di Alessandro Tassoni di Simone Cantarini in mostra al Museo

Chiusa pochi giorni fa la mostra dedicata alla Madonna col bambino per la corte d’Inghilterra di Benedetto Gennari, lo spazio della Manica Lunga accoglie da sabato 19 giugno (apertura ore 18) Il ritrovato ritratto di Alessandro Tassoni, dipinto firmato da Simone Cantarini (1612-1648), uno dei più apprezzati e originali allievi di Guido Reni.  Si apre, così, il secondo capitolo di Unicum/ Racconti al Museo, il progetto espositivo a cura di Massimo Pulini che propone al pubblico del Museo della città un inedito percorso nell’arte antica, attraverso tre gioielli di altrettanti Maestri del Seicento. Dopo l’esposizione della Madonna col bambino per la corte d’Inghilterra di Benedetto Gennari (chiusa il 13 giugno) e la mostra de Il ritrovato ritratto di Alessandro Tassoni di Simone Cantarini che apre il 18 giugno, la rassegna si chiuderà con Guido Reni (1575-1642) e il suo Paesaggio con Amorini in gioco (dal 6 agosto al 30 settembre). Il Museo della Città possiede un’importante opera del Cantarini, San Giacomo in gloria, del 1640, stendardo della omonima chiesa, dalla luminosità ‘celestiale’ e fortemente accordata sull’idealismo reniano. 

Simone Cantarini detto Simone il Pesarese fu allievo irrequieto e ribelle di Guido Reni, nume tutelare della pittura bolognese e uno dei massimi esponenti del classicismo seicentesco. Cantarini fu il migliore allievo del Reni e l'unico pittore della sua cerchia capace di formulare uno stile fortemente personale. Nei ritratti Simone il Pesarese si espresse con opere intense e importanti. Per citarne alcune Coppia di anziani, comparsa in una asta newyorkese nel 2006  e ora di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna), il ritratto di Eleonora Albani Tomasi (della Banca popolare dell’Adriatico) e non ultimo il Ritratto del maestro Guido Reni (Pinacoteca Nazionale di Bologna). Il Ritratto del Tassoni non a caso è per Pulini il più reniano tra quelli che di Cantarini si sono recuperati alla conoscenza. Il ritratto era già conosciuto nell’ambito degli studi storico-letterari a partire dal 1935, per essere stato esposto e commentato da Adamo Pedrazzi nella sua “Iconografia Tassoniana”. Riprodotto in seguito da diversi altri studiosi, se ne erano poi perse le tracce fino a questa fortunata riscoperta. Il viso frontale, il languido vibrato pittorico dello sguardo, così come la maniera di lumeggiare e di chiaroscurare sembrano venire da quella cultura baroccesca che l’artista assorbì nella prima metà del Seicento. Si può inoltre confermare l’identificazione del soggetto nel famoso autore de La secchia rapita, Alessandro Tassoni (Modena 1565 – 1635), qui fregiato con una corona di edera. 

 
 
 


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