Economia

Gli sconti non tirano, l'allarme dei negozianti: "Segnali negativi dai primi 20 giorni di saldi"

Zanzini (Federmoda-Confcommercio): "Fortissima la preoccupazione, viviamo una sorta di lockdown mascherato e così il commercio nelle nostre città è destinato a morire e i sostegni statali sono insufficienti"

Dopo i primi 20 giorni di saldi invernali c'è forte preoccupazione per i commercianti che, al momento, non vedono decollare la stagione delle vendite e da più parti lamentano un calo che arriva a oltre il 40% rispetto al 2021 anno che già aveva fatto registrare una diminuzione degli affari. “Non sono segnali positivi quelli che arrivano dal commercio al dettaglio del settore moda. A 20 giorni dall’inizio dei saldi invernali di fine stagione – dice il presidente di Federmoda-Confcommercio della provincia di Rimini, Giammaria Zanzini - arrivano dati poco confortanti dal sondaggio che Federmoda-Confcommercio dell’Emilia Romagna ha somministrato agli associati, raccogliendo informazioni su tutto il territorio. I dati riminesi non si discostano da quelli su base regionale, con un sentiment decisamente negativo riguardo a questa finestra di saldi e incassi per oltre la metà dei commercianti in sensibile calo, per alcuni anche oltre il 40% rispetto ad un 2021 di per sé non brillante. Quello che preoccupa ancora di più è il notevole calo dei clienti, a cui va aggiunto uno scontrino sempre più leggero, che dà dimostrazione del clima di sfiducia che percepiamo ogni giorno. Insieme a quella dei consumatori, si abbassa ovviamente la fiducia dei commercianti che per oltre il 70% prevedono un ulteriore calo degli acquisti nelle prossime settimane. A maggior ragione dopo il 1° febbraio quando sarà obbligatorio l’ingresso nei negozi mostrando il Green Pass".

"Quello che stiamo vivendo in queste settimane è di fatto un lockdown mascherato - prosegue Zanzini. - Tra i commercianti è fortissima la preoccupazione per questi saldi, che dovevano aiutarci a riprendere un po’ di liquidità e che invece si stanno dimostrando un flop. Contagi, quarantene e limitazioni lasciano a casa tantissime persone e in giro a fare shopping c’è davvero poca gente. Se al calo delle vendite aggiungiamo l’aumento dei prezzi di bollette e materie prime e un sistema di approvvigionamento delle merci quasi bloccato, si capisce bene che la situazione per le piccole imprese è insostenibile".

"Così il commercio nelle nostre città è destinato a morire - conclude. - Certo, il governo ha stanziato sostegni a fondo perduto, ma sono insufficienti: di questi provvedimenti possiamo prendere di positivo solo il fatto che non si sono dimenticati totalmente di noi. Serve mettere in campo un piano di misure strutturali, che vadano a mitigare i costi fissi in capo alle aziende e a cambiare il rapporto con lo Stato e le banche. Continuiamo a chiedere una revisione o l’abolizione degli ISA, il credito d’imposta sulla merce del magazzino, ma anche una pianificazione commerciale sul piano locale a tutela delle identità cittadine e del made in Italy. Non è più prorogabile un confronto con il governo e con le istituzioni regionali e locali per una regolamentazione di outlet e temporary store, così come rimane urgente una riflessione sulle date e le modalità dei saldi per riuscire a mitigare il grave impatto delle grandi multinazionali dell’e-commerce nei confronti del commercio al dettaglio e, di conseguenza, sulla vivibilità delle nostre città. Ricordiamoci che senza i piccoli negozi di prossimità è in pericolo la coesione sociale e la sicurezza”.


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