Cronaca

Eritemi cutanei, scarafaggi e muffa: i rifugiati scappano dai centri di accoglienza per tornare a Rimini

Quaranta sono già tornati indietro. Altri 12 lo stanno facendo proprio in queste ore. I rifugiati abbandonato i Cas (Centri di accoglienza straordinaria) di Liguria, Molise e Piemonte per rientrare a Rimini

Rifugiati in viaggio (archivio)

Quaranta sono già tornati indietro. Altri 12 lo stanno facendo proprio in queste ore. I rifugiati abbandonato i Cas (Centri di accoglienza straordinaria) di Liguria, Molise e Piemonte per rientrare a Rimini. Su 130 persone che finora hanno accettato il trasferimento attraverso i canali ministeriali, oltre 50 sono già tornati e sono in procinto di far rientro nel Riminese. I motivi? Sostanzialmente due. I rifugiati lamentano strutture non idonee, fatiscenti, lontane da qualsiasi servizio, isolate e soprattutto c’è il problema di ritrovarsi in Italia in una parte distante da Rimini dove ci sono parenti, amici e conoscenti. La comunità ucraina di Rimini conta infatti su oltre 5.000 persone che già da anni si sono stabilizzate in Riva all’Adriatico, persone che lavorano, hanno attività e si sono integrate nella comunità.

Le immagini in arrivo dai Cas, recapitate alla redazione di RiminiToday, fanno intendere come la situazione non sia soddisfacente per i rifugiati. Sistemazioni fatiscenti, muffa ai muri, sanitari rotti, scarafaggi sui pavimenti. C’è chi lamenta anche eritemi alla pelle a causa delle scarse condizioni di pulizia. Altri rifugiati che hanno accettato un posto in un Cas lamentano la mancanza di qualsiasi tipo di servizio nelle vicinanze, con negozi e farmacie anche a 14 chilometri. I casi sono riferiti a un Cas ligure, in provincia di Genova. Ma una dozzina di profughi stanno proprio nella giornata di lunedì (4 aprile) abbandonando anche alcune sistemazioni in Piemonte per fare rientro a Rimini. Segnalazioni di insoddisfazione anche dal Molise.

Tra i rifugiati ci sono tante storie differenti. Ma con un aspetto in comune: la fuga dalla guerra. Ci sarebbe una famiglia di dieci persone, con sei figli minori a carico, che già aveva difficoltà economiche in Ucraina e ora si trova sprovvista di tutto. Ma tra chi è scappato c’è anche la storia dell’imprenditore che è arrivato a bordo della sua Porsche Cayenne, ora si ritrova con i conti bloccati e vorrebbe cercare di vendere la macchina per poter vivere in Italia provvisoriamente e non c’è modo per via del conflitto. Oppure c’è il commerciante, che aveva 18 negozi di telefonia in Ucraina e ora non si trova più nulla.

Sit-in di oltre 100 rifugiati in Prefettura

In oltre un centinaio, a fronte del quadro che si è venuto a creare, hanno deciso sin dalla prima mattinata di lunedì (4 aprile) di manifestare davanti alla Prefettura. Chi con la bandiera dell’Ucraina, chi con in braccio il proprio piccolo. Sono i rifugiati ucraini, ospitati nelle dodici strutture associate con Riviera Sicura, che chiedono di non essere trasferiti altrove, come avvenuto durante il fine settimana con gli altri rifugiati. Desiderano restare a Rimini e lo hanno voluto spiegare davanti a palazzo del Governo: tante mamme e bambini, pochissimi uomini, pronte a intonare canti e a spiegare che non vogliono andare in altre Regioni. Dopo un po’ di attesa, una delegazione è stata accolta dai funzionari della Prefettura. C’è chi accetta un posto in un Cas altrove (centro di accoglienza straordinaria) per poi fuggire e ritornare con mezzi di furtuna a Rimini perché non si trovano bene.

Degli ultimi trasferimenti, è stato un boomerang. Sabato notte gli albergatori si sono ritrovati con i telefoni incandescenti. Gente che vuole tornare indietro. Ci sarebbero alcuni rifugiati che avrebbero anche trascorso la notte tra sabato e domenica, secondo diverse testimonianze raccolte, all’aperto. In posti di fortuna. “Mai ci saremmo immaginati una situazione del genere – dice Eugenio Barone, titolare dell’Hotel Brenta presente al sit-in davanti alla Prefettura -, noi ora ci troviamo impossibilitati a riaprire le porte. Questa è l’indicazione che ci hanno fornito. Ma ho ancora 90 ospiti, rispetto ai 208 degli scorsi giorni. E non vogliono lasciare Rimini. Noi pensavamo di poterli accoglie provvisoriamente, una settimana, dieci giorni. E invece…”.

I rifugiati affidano la loro posizione ufficiale a una lettera in doppia lingua, italiano e ucraino. Indirizzata al Prefetto di Rimini Giuseppe Forlenza, al presidente della Regione Stefano Bonaccini e al sindaco Jamil Sadegholvaad. Si riportano alcuni passaggi: “Sappiamo di essere arrivati in tanti a Rimini – scrivono i rifugiati -, ma non per caso. Siamo qui perché abbiamo parenti e amici. Forse vi sembrerà poco, ma senza conoscere la lingua senza i nostri mariti, lontani da casa, qualcuno che ci è vicino è per noi la cosa più importante. Non mandateci via”.


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